lunedì 25 febbraio 2013

Appartenenza

"Casa mia", disse. "Che poi in realtà non è mia. Sono in affitto. Cosa la rende di mia proprietà, il fatto che me la ricordo? Allora ricordo tante cose. Forse il mondo mi appartiene?"
Ci pensai un po'. Ricordai ciò che era accaduto pochi giorni prima. Ero tornato nella mia vecchia abitazione, avevo ancora un paio di cose da portare via tra vestiti, oggetti e cose varie. Il bagagliaio dell'auto era vuoto, potevo tranquillamente prendermi almeno tutti gli indumenti. Ma in ogni cassetto, su ogni scaffale ed in ogni scomparto dell'armadio lasciai qualcosa. Al momento non capivo perché, ma la risposta non tardò ad arrivare, così risposi: "In parte è tua perché te la ricordi, ed in parte perché lei ricorda te. Nel tempo che ci hai vissuto, hai lasciato una tua traccia. A partire dagli oggetti, l'odore dei tuoi vestiti nell'armadio, una macchia sul muro, un graffio sul pavimento. Quella casa porta il segno di una tua permanenza in quel luogo. Fa pensare a te... Insomma, tu la ricordi, lei ti ricorda, capisci?"
Annuì, ma non ero certo che avesse capito.
Sorrisi, finalmente io avevo capito.

giovedì 29 novembre 2012

Un pensiero ribelle espresso male

Era un ragazzo strano.
Quel che pensava lo diceva. Era pazzo, mica scemo.
Deriso, a volte amato, a volte amico poi nemico.
A volte muto, poi loquace, ti spiazzava. Senza pace.
Non amava, poi, il concetto di "normale".
Ribelle nel pensiero, ma un pensiero espresso male.
Cristallino, nel senso, di cristallo.
Si frantumò nell'incedere in mezzo ai venti.
Sui suoi cocci si tagliaron tutti quanti.

La complessità della scelta di un titolo

Tralasciando preamboli che potrebbero essere nauseanti sulla scelta di scrivere, dopo tanto tempo, qualcosa di maggiormente strutturato, gradirei passare al dunque (ammesso che ce ne sia uno). Questa sera, colto alla sprovvista da una nitidezza di pensiero che, devo essere sincero, mi spiazza, colgo l'occasione per esporre il come ed il perchè di ciò che sono. Sono colui che è sbagliato nel posto giusto, per gli altri. Sarei quello giusto altrove, forse. O forse è soltanto un metodo per autoconvincermi che, tutto sommato, non sto sbagliando strada. Individualista e collettivista al tempo stesso, mi ritrovo ad essere l'antitesi di me stesso. Scarsa capacità d'adattamento alle norme socialmente accettate, questo è quello che scriverebbero su di un'ipotetica scheda riguardante la mia persona. Forse perchè quest'ipotetico dattilografo analista, non è in grado di vedere un giovane alle prese con un mondo che preclude qualsiasi tipo di scelta, se non quella preconfezionata per lui, per il gradino sociale al quale appartiene, per il suo grado di (d)istruzione (intellettiva). Sarebbe forse legittimo da parte d'ognuno, rivendicare un futuro che prescinde da quella che è una situazione socio-economica familiare? Credo di sì. A volte sfugge agli occhi di chi conta il ragazzo che gira per le strade con un plico chilometrico di curriculum vitae, in attesa di un lavoretto con il quale può pagarsi gli studi, o quantomento vivacchiare quasi dignitosamente. E chissà come, sfugge anche il genitore divorziato con i figli che perde il lavoro, che lotta per trovarne uno nuovo, e spesso si arrangia con qualche ora sottopagata al nero. L'Italia è una repubblica democratica fondata su un fantasma. Sfuggiranno meno gli operai? Bestie da soma sfruttate, schiavi dello stipendio, distrutti fino alla pensione sempre più lontana, indaffarati per del denaro che, tra l'altro, è solo in prestito. No, anche loro pare siano invisibili. E dunque, sono il fannullone che non si adegua solo perchè, ahimè, la voglia è poca. Chiamatemi illuso, idiota, fannullone, sognatore. Posso avere qualsiasi nome. Ma non troverete mai il pretesto per chiamarmi schiavo, perchè quelli siete voi. Vi lascio la vostra vita fine alla semplice sopravvivenza, io mi prendo una fetta di libertà e le punizioni che ne conseguono.

domenica 11 novembre 2012

Non si può partire senza essere prima tornati. Non si può guarire senza essere prima ammalati. Non si può morire senza essere prima vissuti. Non si deve morire senza essere stati dannati.

mercoledì 7 novembre 2012

Scusami, grande tempesta non ti ascoltavo mentre parlavi. Ero troppo impegnato, giocavo a strangolarmi con i fili del mio stesso destino. E dopo un po', mi sono accorto, di averne tagliati un paio. Sorridevo pensando al momento in cui ci nominavamo a vicenda. Ma siamo in tre, ed uno di noi deve nominarsi da solo. Sei come vetro, non menti mai. Io sono come pioggia, m'infrango su di te, ma risorgo in un ciclo infinito. In un volo pesante mi schianto nel cielo. S'infrange.

lunedì 29 ottobre 2012

Forse è così

Mi sembra di non avere un cazzo da dire. Le temperature si sono abbassate in ogni direzione, qua fuori non c'è più nessuno.

domenica 30 settembre 2012

Pensavo

E pensavo che magari potremmo anche vivere qualcosa assieme una di queste sere. O chissà, magari potrei offrirti un sentimento la prossima vita che ci vediamo. Sai, conosco un mondo molto carino, a qualche universo da qua. Potremmo andarci. Ti comprerò un mazzo di ricordi pagandolo in tempo trascorso. E poi faremo un salto in un futuro ipotetico a salutare il Noi che verrà. Stapperemo una bottiglia di verità e moriremo insieme giacendo sui tuoi sogni. E se vorrai, solamente se lo vorrai, ci illuderemo insieme a tempo determinato, nella relatività delle nostre durate non sommate. Ed uno di noi, piangerà via la differenza. Pensavo.